Anita Garibaldi, l'eroina dei due mondi

Ana Maria De Jesus Riberio nasce nel sud del Brasile, nello stato di Santa Caterina, terza di dieci figli.

Riceve un’educazione basica, è un’ottima nuotatrice e cavalca con destrezza. Il padre muore prematuramente e la famiglia comincia a patire la fame, così la madre fa sposare le sue figlie maggiori, seppur giovanissime, per avere meno bocche da sfamare. Anita ha 14 anni, sposa un calzolaio di Laguna, Manuel Giuseppe Duarte, ma il matrimonio, infelice, dura pochi anni, finché nel 1839 arriva Garibaldi per prendere Laguna e costituire la Repubblica Juliana. Aveva puntato Anita con il cannocchiale già dalla nave e la sera, invitato in una casa, se la ritrova come padrona di casa. Rimasero fulminati l’uno dall’altra. Quando a Garibaldi arriva l’ordine di salpare lei vuole andare con lui. Anita seguirà il suo amato in tutti i pericoli e in tutte le battaglie, condividendo i suoi ideali politici, e solo quando fu accertata la morte del Duarte riuscirono a sposarsi.

In quel momento storico le spinte secessioniste di alcuni Stati brasiliani vengono definitivamente soppresse dal governo centrale e Garibaldi chiama la ritirata. Anita non riesce a scappare con lui, ma lo raggiungerà in seguito, con un cavallo rubato, nella fazenda di San Simon. Era già incinta di sette mesi, e lì partorì il primogenito, chiamato Menotti in onore di Ciro, martire del Risorgimento. Dopo pochi giorni, arriva un’incursione nella fazenda e lei è costretta a scappare a cavallo con il neonato stretto al petto da una fascia e sarà poi Garibaldi a trovarla, stremata, al margine di una foresta.

La famiglia si trasferisce a Montevideo, e qui darà alla luce altri tre figli: Rosita, morta a soli due anni, Teresita e poi Ricciotti, chiamato così in onore di un collaboratore dei fratelli Bandiera. Nel frattempo in Italia c’è fermento, perciò Garibaldi decide di tornare nel suo Paese, preceduto dalla sua famiglia.

Anita e i bambini si imbarcano nel dicembre del 1847 per Nizza, dove li attende la nonna paterna Rosa. Quattro mesi dopo parte anche Garibaldi e quando nel 1849 fu proclamata la Repubblica Romana, con a capo Mazzini, Armellini e Saffi, fu proposto come deputato. Si trasferisce a Roma e Anita, sistemata a Nizza con i suoi figli, più volte decide di raggiungerlo. Nell’ultimo viaggio da Nizza a Roma era incinta di quattro mesi, la Repubblica di Mazzini era agli sgoccioli e, quando cadrà, Garibaldi e le sue camicie rosse sono costretti a fuggire. Anita si taglia i capelli, si veste da uomo e cavalca al fianco del suo amato José, così come lei affettuosamente lo chiamava.

Garibaldi ha intenzione di raggiungere Venezia, ma Anita durante il viaggio contrae la malaria. Il viaggio prosegue tra mille difficoltà, ma lei non vuole fermarsi. Finalmente riescono a raggiungere la fattoria dei conti Guiccioli, presso Mandriole, e vengono ospitati dal fattore, Stefano Ravaglia. Anita, ormai priva di conoscenza per la malattia e gli stenti, viene messa a letto e poco dopo morirà fra le braccia del suo Josè. I Ravaglia, timorosi di essere scoperti come aiutanti di Garibaldi, seppelliscono il suo corpo in un campo da pascolo. Verrà scoperto da tre pastorelli ma, nonostante ricerche e denunce, non viene identificato. Il corpo viene sepolto nel cimitero di Mandriole e dopo dieci anni Garibaldi, coi figli Menotti e Teresita, va a Mandriole per riprendersi le spoglie di Anita e trasferirle a Nizza. Nel 1931 il governo italiano chiede il permesso al sindaco della città di spostare i resti a Roma, al Gianicolo, dove il monumento della sepoltura la ricorda mentre galoppa a cavallo col figlioletto al collo.

 

Articolo a cura di Lucia Ottavi

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