Impagnatiello deve essere indagato per duplice omicidio!

La mattina del 3 giugno il telegiornale della TV nazionale informa che Alessandro Impagnatiello, come tutti sappiamo, assassino della compagna Giulia Tramontano al settimo mese di gravidanza, è stato indagato per omicidio e per interruzione di gravidanza senza consenso.

La vicenda fa orrore: ancora una volta siamo qui a piangere una donna, una giovane donna, nel fiore degli anni, bella, gentile, con una meravigliosa famiglia, una madre che la amava e la ama come quel dono che era ed è tuttora. La sofferenza e il dolore che coglie tutti noi per questo terribile assassinio, unitamente al dolore di mamma  e fratelli infinitamente più grande e devastante, aldilà della nostra comprensione, è qualcosa che sembra coglierci all'improvviso, come se ogni donna che perde la vita sotto la mano crudele e violenta di un uomo, fosse la prima, come Giulia stessa fosse la prima.

Tutti vorremmo tornare indietro di qualche ora, pochi giorni e avere la possibilità di salvarla, di fare in modo che almeno questa volta vada a finire bene: lei possa vivere, sorridere, crescere il suo bambino.

Ma c'è qualcosa, almeno per me, ma sono certa anche per molti altri, che aggiunge a questa storia ancora maggior dolore, qualcosa che toglie dignità a lei, a Giulia, alla sua famiglia, al suo bambino.

Che Impagnatiello venga indagato per l'omicidio della compagna è atto dovuto e di legge; diversamente, che non venga indagato per duplice omicidio, ovvero anche per aver tolto la vita al bimbo, sarebbe dovuto, ma non di legge.

In questo periodo in cui si chiedono a gran voce  i più svariati diritti, tra i quali il diritto all'aborto, si chiedono leggi per facilitare, sveltire e assicurare la possibilità di interrompere gravidanze impreviste e indesiderate (in alcuni paesi anche oltre il limite consentito dall'ordinamento giuridico in Italia) questo caso porta alla luce un grave difetto non solo legislativo.

Nel caso si parli di interruzione di gravidanza o aborti terapeutici, tutti sembrano essere concordi nel dire che non si tratti di bambino, di essere umano in quanto non completamente formato: la legge riconosce giuridicamente l'esistenza della persona solo dal momento in cui nasce; allo stesso tempo credo di poter affermare che tutti abbiamo pensato al figlio di Giulia come a un bambino, una persona, e non soltanto perché era già al settimo mese di gravidanza, ma perché la mamma era pronta a farlo nascere, a crescerlo, ad amarlo. L'ha amato per sette mesi, nutrendolo e preparandosi ad accoglierlo.

Il legislatore che si sta invece preparando a modifiche o a nuove leggi riguardanti l'interruzione di gravidanza tenga conto di questo, tenga conto che la maggior parte delle persone considera questo orribile fatto di cronaca come un duplice omicidio, perché due persone sono state uccise, non una. La famiglia non piange solo la morte della povera Giulia, ma anche quella del nipote: definire la morte del piccolo interruzione di gravidanza è già di per sé terribile, ma viste le circostanze aggiungere anche senza consenso, è atroce, un affronto a Giulia, alla famiglia, alla vita.

Pensi il legislatore a stabilire quando un feto diventa persona, ci pensi e ripensi, forse, alla fine comprenderà che quella era una vita intera, a sé, fino dal primo istante del suo concepimento.

 

Articolo a cura di Stefania de Girolamo

Condividi